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Sicilia

Colpo alla mafia a Palermo, 18 fermi: “Forte rischio guerra nel clan”

“Forte rischio di delitti e di guerra nel clan”: scattano 18 arresti, colpo alla mafia a Palermo – I DETTAGLI

Diciotto fermi, per persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, estorsioni e rapine aggravate dal metodo mafioso. Questo il bilancio dell’operazione scattata a Palermo al termine di un’inchiesta sul mandamento mafioso di Porta Nuova. Per le 18 persone i carabinieri del Comando provinciale del capoluogo siciliano hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla Dda.

Le indagini del nucleo investigativo dei carabinieri hanno delineato l’organigramma del mandamento e individuato il reggente del clan. Si tratta di Giuseppe Incontera, ucciso giovedì scorso da un killer che, ieri, si è costituito ai carabinieri (LEGGI). (continua sotto)
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L ‘inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Paolo Guido, ha fatto luce anche sui gregari delle famiglie mafiose di Porta Nuova e Palermo Centro che fanno parte dello storico mandamento di Porta Nuova e ha ricostruito le attività di un’articolata associazione che trafficava hashish, marijuana, cocaina, eroina e crack gestita, in tutta la sua filiera (dalle fasi di approvvigionamento all’ingrosso, allo spaccio al minuto sul territorio) dai vertici del mandamento mafioso, per alimentarne le casse.

Sono stati, infatti, fermati, i capi di 6 piazze di spaccio, localizzate in alcuni storici quartieri del centro – il Capo, la Vucciria, Ballarò e la Zisa – ritenuti organici a Cosa nostra. Sono stati ricostruite, infine, due estorsioni e cinque tentativi di estorsione a imprenditori e commercianti del centro cittadino. L’organizzazione avrebbe commesso anche due rapine per rimpinguare le casse della cosca.

La procura ha dato il via alla operazione perché, secondo gli inquirenti, alcuni degli indagati stavano per fuggire. QUesta la ragione per cui il provvedimento è stato emesso in via d’urgenza anche perché recentemente, nel territorio controllato dalla cosca, sono stati commessi gravi fatti di sangue, come quello riguardante Giuseppe Incontrera. Per gli investigatori l’omicidio “avrebbe potuto aumentare il rischio della commissione di altri delitti” e spingere alcuni affiliati a fuggire per evitare ritorsioni. C’era dunque il rischio di una guerra all’interno del clan.
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