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“L’ho uccisa io”: la rivelazione dell’ex, ritrovato corpo della 22enne scomparsa a Malaga

La rivelazione dell’ex fidanzato: trovato il corpo della 22enne scomparsa a Malaga nel 2014. L’ex compagno ha ucciso anche la nuova compagna

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Era scomparsa vicino a Malaga, nel luglio del 2014, ora la polizia in spagna ha ritrovato il corpo di Sibora Gagani, una ragazza di 22 anni. I fatti si riferiscono a quanto accaduto a Torremolinos, e come hanno riportato i media spagnoli, l’ex fidanzato Marco Gaio Romeo ha confessato agli inquirenti di averla uccisa.

Di origine albanese e nazionalità italiana, la ragazza è stata residente a Nettuno, Roma, fino al 2011. Secondo fonti investigative il corpo era nascosto in una cassa di legno tra due pareti della casa in cui viveva con l’uomo, che oggi ha 45 anni.

La svolta nelle indagini è arrivata qualche settimana fa, quando il suo ex è stato arrestato con l’accusa di aver ucciso a coltellate la sua ultima compagna, la 28enne spagnola Paula. Con lei ha anche avuto un bambino.

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Nel corso dell’interrogatorio l’uomo è dunque tornato così su quanto accaduto dopo il trasferimento in Spagna. L’uomo ha lasciato intendere, come riportato dai media locali, di averla uccisa nel 2014, per poi nasconderne il corpo murandolo nella casa in cui vivevano prima che la relazione si deteriorasse. L’indagato ha poi ritrattato questa versione in sede di interrogatorio ufficiale, ma la polizia spagnola ha comunque preso sul serio la pista che aveva indicato informalmente.

Il ritrovamento del corpo due giorni fa, martedì 6, quando gli agenti si sono presentati nella casa in cui Gagani viveva con il suo presunto assassino. Grazie ad un sistema a raggi X sono stati ispezionati punti difficilmente raggiungibili dell’immobile. Il corpo era nascosto proprio dove l’ex ha indicato di cercarla. Accanto è stato trovato anche un coltello insanguinato.

L’esame del Dna sui resti ha confermato che si tratta del corpo della ragazza italo-albanese scomparsa nel 2014.

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Cronaca

Prende il caffè, poi torna in auto: esplode incendio, muore carbonizzato a Carlentini

La terribile tragedia avviene in piazza, nella cittadina in provincia di Siracusa: il racconto di alcuni passanti

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E’ stato ritrovato, morto carbonizzato, all’interno della propria auto. Una vera e propria tragedia, quella che si è consumata a Carlentini. La vittima è un pensionato della cittadina della provincia di Siracusa.

La Land Rover ha preso fuoco questa mattina, dopo le 8, in piazza Diaz, dove il proprietario aveva parcheggiato. Così come hanno spiegato alcuni passanti, testimoni del dramma, l’auto avrebbe preso fuoco proprio dopo che l’uomo era tornato a bordo dopo essersi recato all’interno di un bar della piazza.

Il conducente è morto fra le fiamme, e inutili sono stati i soccorsi immediati da parte dei vigili del fuoco di Lentini. Sul caso la Procura ha aperto una inchiesta, e le indagini sono già state avviate.

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Cronaca

Auto precipita in una scarpata nel Siracusano: morto uomo di 68 anni

Il drammatico incidente è avvenuto lungo la strada statale 114, fra Melilli ed Augusta

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Ancora un drammatico incidente sulle strade siciliane, e ancora una vittima. Lungo la strada statale 114, fra Melilli ed Augusta, l’auto di un uomo di 68 anni, che stava viaggiando assieme al figlio ventenne, è andata a finire in una scarpata, dopo avere sfondato il guardrail.

Nel Siracusano la vittima è stata trasportata in ospedale, a Catania, dove tuttavia ha perso la vita a causa delle gravi ferite riportate. Ferito il figlio ventenne, che è invece stato trasportato all’Umberto I di Siracusa.

Si indagherà sulle cause dell’incidente, che non sono ancora chiare.

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Cronaca

L’addio a Vincenzo Agostino, Lorefice: “Una sentinella nella notte” – VIDEO

Cattedrale gremita da migliaia di persone per l’ultimo saluto al padre coraggio simbolo della lotta alla mafia

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“Vincenzo Agostino è stato da trentacinque anni – insieme alla sua amatissima moglie Augusta Schiera -, da quel tormentoso 5 agosto 1989, una vedetta, una sentinella, un vegliardo. Nonostante il buio della notte, allorché nel suo spirito poteva scendere una schiacciante angoscia, è diventato una fonte di incrollabile speranza per noi tutti, per questa nostra terra martoriata e per l’intero Paese; e particolarmente per i suoi cari e per noi che oggi lo salutiamo con il cuore spezzato ma con immensa ammirazione e con uno speciale debito di riconoscenza”.

LEGGI: Se n’è andato “papà coraggio” Vincenzo Agostino: una vita in nome del figlio Nino – VIDEO

Così l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, nel corso dell’omelia per i funerali di Vincenzo Agostino, in una cattedrale gremita da migliaia di persone per l’ultimo saluto al padre coraggio simbolo della lotta alla mafia e conosciuto per la sua lunga barba bianca che non ha mai tagliato dal 5 agosto 1989, quando cosa nostra uccise il figlio Nino, poliziotto, insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio.

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“La lunga barba bianca di Vincenzo Agostino – sottolinea l’Arcivescovo di Palermo – ha rappresentato per noi il segno della resistenza attiva e proficua alla mafia e alle tante forme del “male strutturato” che ardiscono eliminare finanche – come lui stesso ebbe a dire – il «bene di un figlio, di una nuora, di un bambino […] mai conosciuto»; che sterminano Nino, un onesto e accorto servitore dello Stato, la sua giovane moglie Ida e il bambino che avevano concepito da pochi mesi; insanguina le strade della città, sparge afflizione nelle case e nelle famiglie, pianifica depistaggi, compra silenzi e connivenze anche tra esponenti del potere politico e delle istituzioni dello Stato. Questa è la notte! La notte delle persone, la notte delle comunità, del raffreddamento dei cuori, dell’idolatria del potere e delle cose materiali. L’eclissi del patto di fedeltà. Degli alti valori umani. Del rigore etico privato e pubblico. Della formazione delle coscienze. Ma quella barba è stata anche narrazione del suo vegliare nella notte, dell’uomo che con gli occhi penetra l’oscurità e attende con certezza l’irrompere della luce della verità che l’orgoglio e la tracotanza di uomini corrotti e alla ricerca di potere credono di sopraffare. Ha infuso speranza. Ha chiesto di non assopirci. Ci ha provocati a non cadere nell’indifferenza deresponsabilizzante e a non abituarci al male. Quella barba è quei capelli bianchi che esaltavano i suoi occhi pieni di luce nonostante le tenebre, sono stati per noi monito a rinnovarci, a rimanere desti, a porre domande: «se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!» (Is 21,12)”.

“La provata ma fulgida vita di Vincenzo e di Augusta – innamorati per sempre – ci sollecita – aggiunge monsignor Lorefice – a non indietreggiare dinanzi alle tenebre, di non abituarci al male, di non unirci agli empi e alle loro macchinazioni, di non patteggiare mai con i corrotti, di non farci avvincere dal laccio di una bramosia insensata e funesta (cfr 1Tm 6,9). Ha annunciato capacità di attesa, fermezza, indefettibilità, coerenza, resistenza, ricerca della verità e soprattutto speranza. Impegno per una città riscattata dal male. Lotta sincera, non simulata, alla criminalità organizzata, alla mafia, alle mafie che continuano imperterrite ad uccidere e a devastare le nostre città e le nostre case, i nostri figli. L’Evangelista Luca nel Vangelo descrive l’anziano vegliardo Simeone «uomo giusto e timorato di Dio» (Lc 2,25), che sa attendere attivamente, dentro lo scorrere della sua vita, l’adempimento delle promesse messianiche di Dio al suo «popolo Israele». Nell’incontro con Gesù, nel quale Simeone discerne la realizzazione della promessa fattagli dallo Spirito di vedere prima di morire il Messia del Signore, l’anziano vegliardo non dice: “ora posso scomparire”, ma: “ora è finito il tempo della mia fatica”.

“E’ finita la fatica di Vincenzo. Ora ci è chiesto di assumerla di portarla avanti noi. Il testimone passa a noi. Siamo qui per questo, per continuare a vegliare nella notte. E’ il modo migliore per dimostrare a tutti voi cari congiunti, e in particolare a voi carissime Flora e Nunzia e a voi nipoti, a te carissimo Nino, la nostra vicinanza e la nostra gratitudine a papà e a nonno Vincenzo. In una città che ha assistito al sacrificio di tanti uomini e donne delle istituzioni, della società civile e della Chiesa palermitana, possa la sua credibile e costante testimonianza continuare ad essere uno sprone nella costruzione di una città degli uomini giusta e solidale, libera dalle “strutture di peccato” mafiose e dalla corruzione e dalla falsità imperante. Ci sostenga la fede in Gesù Cristo risorto dai morti, alimentata dalla speranza dei cieli nuovi e della Terra nuova, così come ha sostenuto Vincenzo e Augusta”. (Italpress)

Di seguito, il servizio Medianews-Teleone di Gabriella Ricotta

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Cronaca

Palermo, 16enne aggredito da diversi coetanei in centro: mandibola rotta

Si tratta del nuovo caso di violenza avvenuto nel pieno centro di Palermo, ai danni di un adolescente

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E’ stato colpito al volto da diversi ragazzi, poi, un ragazzo di 16 anni è stato lasciato a terra, ferito. Si tratta del nuovo caso di violenza avvenuto nel pieno centro di Palermo, dove un adolescente è stato preso di mira da un gruppo di giovani nella zona di piazza Verdi.

Il ragazzo si trovava nei pressi del Teatro Massimo, quando improvvisamente è stato colpito da un aggressore, che è stato a sua volta poi raggiunto dagli altri ragazzi. C’è stata una accesa discussione, poi la violenza. Alla fine, il ragazzo ha contattato i genitori, che lo hanno portato all’ospedale Civico.

Lì è emersa una frattura alla mandibola, per la quale è necessario anche un intervento chirurgico. Ematomi riportati anche sul naso, sulla nuca, oltre che sulla spalla.

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I carabinieri indagano sulla vicenda, e un contributo potrebbe essere dato dalle telecamere di sorveglianza installate in zona. Il 16enne ha spiegato alle forze dell’ordine di essere anche stato minacciato attraverso i social.

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