

Cronaca
Lampedusa, naufragio con due morti e 32 dispersi, ancora isolati migranti sugli scogli
I due barchini sarebbero partiti da Sfax, Tunisia, tra mercoledì e giovedì, entrambi naufragati per le pessime condizioni meteo
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Naufragio a Lampedusa, 32 dispersi, 2 morti, di cui un bimbo di due anni e una donna incinta di 9 mesi. Sono arrivate nella tarda sera di ieri le due motovedette della Guardia Costiera CP324 e CP319 con a bordo i migranti salvati in mare e i due corpi senza vita. In una motovedetta c’erano 29 uomini e il corpo del bimbo ivoriano di due anni circa, nell’altra 18 uomini, 10 donne e la salma della donna ivoriana incinta di 9 mesi che viaggiava con il marito.
Le due salme sono state subito trasportate alla camera mortuaria del cimitero di Lampedusa, in mattinata è prevista l’ispezione cadaverica. Secondo il racconto dei migranti risulterebbero 32 dispersi, verosimilmente morti annegati tra le onde. I due barchini sarebbero partiti da Sfax (Tunisia) tra mercoledì e giovedì scorso, entrambi naufragati per le pessime condizioni meteo che persisteranno ancora nei prossimi giorni.
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Tutti i migranti sono subsahariani, provenienti dalla Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Mali e Senegal, tutti trasportati all’hotspot sui mezzi della Croce Rossa Italiana, due sono stati trasportati in ambulanza al Poliambulatorio dell’isola. Gli uomini della Guardia Costiera con il mare forza 5, hanno operato in uno scenario complicato.
“Si prevede mare mosso ancora per qualche giorno – dichiara il Questore di Agrigento Emanuele Ricifari all’Italpress – speriamo si fermino e non vengano indotti a mettersi in viaggio e prendere il largo, sarebbe una mattanza con questo mare”.
LEGGI ANCHE: Naufragio a Lampedusa, in 30 sugli scogli, fra la vita e la morte – FOTO
Intanto sono ancora isolati i 20 migranti naufragati e bloccati sugli scogli in zona Ponente (LEGGI), hanno trascorso la loro seconda notte al vento, al buio, senza riparo e con le onde in tempesta che si infrangono sugli scogli dove stazionano ormai da più di ventiquattro ore, e dove rimarranno fino a quando il forte vento di maestrale non consentirà alle motovedette di svolgere le operazioni di recupero in sicurezza. (foto archivio)
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Cronaca
Viene assolto dopo 4 anni di carcere per tentato omicidio: Palermo, libero il macellaio Cefali
Condannato per tentato omicidio, ma non aveva commesso il fatto: la Corte di Appello ribalta la sentenza
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Dopo quattro anni trascorsi in custodia cautelare Giovanni Cefali, macellaio di 56 anni del quartiere Zen di Palermo, torna libero. La quarta sezione della Corte di Appello di Palermo, presieduta da Vittorio Anania, lo ha assolto con la formula “per non aver commesso il fatto“, ribaltando le precedenti sentenze di condanna a undici anni di reclusione.
L’uomo era stato ritenuto responsabile del tentato omicidio di Giuseppe Colombo, avvenuto il 23 marzo 2021 nel quartiere Zen di Palermo. Condannato in primo e secondo grado, Cefali si è visto riconoscere l’innocenza solo dopo un nuovo processo d’appello, reso possibile dall’annullamento della sua posizione da parte della Corte di Cassazione.
I supremi giudici avevano infatti evidenziato che la Corte territoriale non aveva approfondito adeguatamente “il livello di consapevolezza e l’adesione del Cefali alle azioni criminose poste in essere dai correi“. Questo ha portato alla revisione del caso e alla sua definitiva assoluzione.
Secondo la difesa, composta dagli avvocati Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Silvana Tortorici, Cefali non aveva preso parte alla sparatoria, ma si era limitato a tentare di far riappacificare le famiglie Maranzano e Colombo, coinvolte in una faida per il controllo del territorio.
La faida tra le famiglie Maranzano e Colombo
Il conflitto tra le due famiglie era nato per questioni legate al predominio sulla zona e si era ulteriormente inasprito dopo una rissa scoppiata in un bar. In seguito allo scontro, fu fissato un appuntamento tra i membri delle due fazioni, ma l’incontro sfociò in una sparatoria, durante la quale Giuseppe Colombo venne ferito agli arti.
A ricostruire i fatti fu una testimone, il cui racconto permise agli inquirenti di procedere con arresti e processi. Al termine del procedimento giudiziario, itre veri responsabili sono stati condannati con sentenza definitiva. Con la sentenza di assoluzione, Giovanni Cefali si lascia dunque alle spalle quattro anni di ingiusta detenzione.
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Cronaca
Maxi sequestro alla mafia di Pachino: clan Giuliano, sigilli a beni per un milione di euro
Operazione della DIA: colpito il clan Giuliano e un imprenditore vicino alla cosca
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Un duro colpo alla mafia di Pachino: la Direzione investigativa antimafia ha sequestrato un ingente patrimonio imprenditoriale e personale legato al clan Giuliano. L’operazione, eseguita dal Centro operativo di Catania, ha portato alla confisca di beni riconducibili a Giuseppe Vizzini, figura di spicco della criminalità organizzata, e ad altri tre affiliati.
Il provvedimento della magistratura
L’azione è stata avviata dopo l’accoglimento della richiesta di sequestro patrimoniale avanzata congiuntamente dalla Procura della Repubblica di Catania e dalla Direzione Investigativa Antimafia. Il provvedimento, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania, si inserisce in una più ampia strategia di contrasto alla mafia siciliana e mira a indebolire le risorse economiche dell’organizzazione.
Chi è Giuseppe Vizzini
Nato nel 1964, Giuseppe Vizzini è considerato un elemento di elevata pericolosità sociale. Il suo nome compare in numerose indagini giudiziarie, che hanno portato alla luce un vasto impero costruito attraverso attività illecite. Tra i reati a suo carico figurano associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga, minacce a pubblico ufficiale, furto e truffa. La sua carriera criminale lo ha reso un punto di riferimento per il clan Giuliano, strettamente legato al clan Cappello di Catania.
Vizzini è stato identificato come braccio destro del boss Salvatore Giuliano, nonché suo socio nella gestione della società Agricola La Fenice Srl. Le indagini, culminate nell’operazione di polizia denominata Araba Fenice, hanno portato nel gennaio 2022 alla condanna in primo grado di Vizzini a 18 anni e 6 mesi di reclusione da parte del Tribunale di Siracusa.
I beni sequestrati
Il provvedimento ha consentito di mettere sotto sigilli un ingente patrimonio, composto da un’impresa individuale e l’intero comparto aziendale, tre autovetture, un fabbricato e conti bancari e postali per un valore non inferiore a 1.000 euro
Il valore complessivo stimato del sequestro supera il milione di euro, rappresentando un duro colpo per le attività economiche della consorteria mafiosa.
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Cronaca
L’idea: “Una superstrada Palermo-San Vito Lo Capo”, progetto in fase di studio
Schifani: “Un’opera che migliorerebbe i collegamenti”, l’idea su cui si starebbe ragionando
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La Regione siciliana starebbe valutando la possibilità di realizzare una superstrada che colleghi più agevolmente Palermo a San Vito Lo Capo.
L’idea è stata discussa dal presidente della Regione, Renato Schifani, durante la Borsa Internazionale del Turismo (Bit) di Milano. “Noi siamo qui per aiutare il territorio – ha dichiarato Schifani –. Le opere le finanziamo, ma devono esserci i presupposti giusti. Bisogna valutare la compatibilità ambientale del progetto e, se ci sono le condizioni, lo realizzeremo”.
L’attuale percorso per raggiungere San Vito Lo Capo da Palermo, della durata di circa un’ora e mezza, è considerato scomodo e tortuoso. “È assurdo che, con un lungomare così bello, gli automobilisti debbano fare un giro lunghissimo – ha proseguito Schifani –. Questa infrastruttura potrebbe dare un ulteriore slancio al turismo, migliorando l’accessibilità e valorizzando il territorio. San Vito Lo Capo è già in forte crescita, ma un intervento simile potrebbe risolvere una criticità urbanistica rilevante”. (continua sotto la foto)

Le critiche al progetto: “Un’offesa alla natura”
Non tutti, però, vedono di buon occhio l’ipotesi della nuova strada. La deputata del M5S Cristina Ciminnisi ha espresso un netto dissenso, sottolineando i rischi per l’ambiente e la storia del territorio.
“Le parole di Schifani sono un’offesa alla storia, alla natura e al buon senso – ha dichiarato –. Nel 1980, oltre duemila persone manifestarono contro la costruzione di una strada che avrebbe attraversato la Riserva dello Zingaro, impedendo la distruzione di questo paradiso naturale. Grazie a quella mobilitazione, la Riserva dello Zingaro è stata salvaguardata e oggi rappresenta un modello di sviluppo sostenibile”.
Il dibattito sulla ipotetica opera tra Palermo e San Vito Lo Capo si preannuncia, dunque, già abbastanza acceso. Da un lato, la volontà di migliorare i collegamenti, dall’altro la necessità di proteggere un’area naturale unica in Sicilia. Le polemiche, di certo, sono soltant iniziate.
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Cronaca
Salvatore Sinagra, segnali positivi dopo la brutale aggressione a Lanzarote
Il messaggio che è stato inviato dai familiari attraverso i social: “Sta tornando tra di noi, ci sono speranze”
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Uno spiraglio di luce, finalmente notizie confortanti per Salvatore Sinagra, il 30enne siciliano che a fine gennaio era finito in coma dopo un’aggressione senza motivo a Lanzarote, nelle Isole Canarie. Dopo giorni di apprensione, il giovane sta mostrando i primi segni di miglioramento, come annunciato dalla sua famiglia sui social.
I primi segnali di ripresa
“Finalmente un po’ di luce in fondo al tunnel! Il nostro Salvatore sta tornando tra di noi”. Così hanno scritto su Instagram il padre e il fratello del ragazzo, Vito e Andrea Sinagra, aggiornando amici e sostenitori sulle sue condizioni di salute. Salvatore alterna momenti di lucidità al sonno, riesce a parlare e accenna a qualche movimento, anche se non è ancora perfettamente cosciente. Attualmente resta ricoverato in terapia intensiva, ma le risposte positive del suo corpo fanno ben sperare.
Il sostegno della comunità
La famiglia di Sinagra, originaria di Favignana, ha voluto esprimere la propria gratitudine per il grande affetto ricevuto. “Ringraziamo tutta la comunità favignanese per il supporto, così come le autorità italiane per l’aiuto prestato”, hanno dichiarato. Un riconoscimento speciale è stato rivolto anche ai medici e al personale sanitario dell’ospedale Doctor Negrin di Gran Canaria, dove il giovane è ricoverato: “Eccellenti, veramente professionali, molto umani e sempre disponibili”.
L’arresto dell’aggressore
Dopo rapide indagini, le autorità spagnole hanno identificato e arrestato un 25enne di Lanzarote, ritenuto responsabile del brutale attacco. Il giovane è stato posto in carcere preventivo, in attesa del processo.
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