News e Focus
Bimbo iperattivo di 6 anni sospeso da scuola: interviene il Tar, interviene ministro
Alla fine, l’istituto stesso non ha voluto far rientrare il piccolo: si tratta del caso che si è verificato a Ladispoli
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E’ stato sospeso dalla scuola per più di due settimane, salvo essere poi “reintegrato” per intervento del Tar del Lazio. Ma, alla fine, l’istituto stesso non lo ha fatto rientrare. Si tratta del caso che si è verificato a Ladispoli, dove i genitori di un alunno affetto da “un disturbo di deficit con iperattività” hanno lanciato un appello al ministro Valditara.
“Nostro figlio deve tornare a scuola come disposto da Tribunale. Il ministro faccia rispettare alla scuola il decreto del Tar, lo faccia per la serenità di nostro figlio di appena sei anni che si vede negato un diritto“, hanno detto i familiari. Il ministro ha quindi disposto un’ispezione per capire perché l’istituto non abbia attuato il decreto.
Nonostante la decisione del Tar, datata 4 marzo, la scuola non ha fatto “rientrare” il bimbo di appena sei anni, che era stato sospeso il 26 febbraio scorso. Come racconta Repubblica, il preside non intende cedere e resta sulla sua posizione spiegando che, più che di sospensione, qui si tratta di “allontanamento dalla comunità”.
“Non è una punizione ma piuttosto una metodologia di insegnamento” perché, osserva, “se si sta in una comunità si deve imparare a rispettare le regole“. L’allontanamento, insomma, serve a fare in modo che, al suo ritorno, il bambino apprenda a “rispettare il prossimo”. E questo metodo, assicura, “funziona nel 90-95% dei casi. Dalla famiglia mi aspettavo più collaborazione”.
I genitori del piccolo non hanno nessuna intenzione di cedere. Tanto che, dopo essersi visto chiudere la porta della scuola in faccia mentre cercava di portare in classe suo figlio, il padre, con il decreto del Tar, ha chiamato i carabinieri ed è andato in caserma per sporgere denuncia perché “quella scuola nega al bambino il suo diritto allo studio”.
Adesso sarà proprio il ministro dell’Istruzione ad avviare accertamenti per far chiarezza sui motivi del reintegro negato.
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Tragedia a Cosenza: crolla tetto del capannone in cui lavora, 26enne precipita da 10 metri e muore
Il giovane stava lavorando in un capannone a Mandatoriccio: indagini in corso sulle cause dell’incidente
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Un grave incidente sul lavoro si è verificato a Mandatoriccio, in provincia di Cosenza, dove Maicol Affatato, un operaio di 26 anni, ha perso la vita mentre era impegnato in un intervento su un capannone industriale.
La tragedia è avvenuta quando una parte del tetto dello stabile ha improvvisamente ceduto, facendo precipitare il giovane da un’altezza di almeno 10 metri.
Durante la caduta, il 26enne ha battuto violentemente la testa, riportando traumi fatali. Nonostante l’intervento immediato degli operatori del Suem 118 e l’arrivo di un elisoccorso, per il giovane non c’è stato nulla da fare. I soccorsi, pur tempestivi, si sono rivelati inutili.
Sul luogo dell’incidente sono intervenuti i carabinieri, che stanno effettuando i rilievi per chiarire la dinamica dell’accaduto.
Sotto shock Mandatoriccio, mentre adesso si attende di conoscere i risultati delle indagini per accertare eventuali responsabilità: al momento, si lavora per capire se siano state rispettate tutte le norme di sicurezza sul lavoro.
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Codice strada, guida sotto effetto di stupefacenti: Cassazione “boccia” riforma Salvini per i “falsi”
I giudici chiedono maggiore rigore: non basta un test positivo, serve la prova dell’incapacità alla guida
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La Corte di Cassazione ha messo in discussione alcuni aspetti della riforma Salvini del 2024 sul reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
La riforma prevede l’incriminazione penale di chiunque risulti positivo a un test antidroga, senza verificare se il conducente sia effettivamente incapace di guidare. Una recente sentenza, però, ha stabilito che questa misura rischia di essere imprecisa e ingiusta, evidenziando il problema dei falsi positivi.
Secondo la Cassazione, il solo esame delle urine, spesso utilizzato nei controlli, non è affidabile. Questo tipo di test rileva la presenza di sostanze anche molto tempo dopo l’assunzione, senza dimostrare un’alterazione psicofisica attuale. Al contrario, l’esame del sangue è ritenuto più attendibile per accertare se il conducente sia sotto l’effetto di droghe al momento del controllo.
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La riforma Salvini ha destato preoccupazioni soprattutto tra chi utilizza farmaci a base di sostanze psicotrope o ha consumato droghe giorni prima del test. In questi casi, una positività non implica necessariamente pericolosità alla guida. La Cassazione ha quindi ribadito l’importanza di una valutazione globale dello stato del conducente.
LEGGI ANCHE: Patente sospesa anche per una Tachipirina? “Potrebbe accadere”
Oltre agli esami tossicologici, le forze dell’ordine devono osservare elementi come coordinazione dei movimenti, eloquio e stato emotivo per accertare l’alterazione delle capacità. Questo approccio permette di individuare i comportamenti realmente pericolosi, evitando di penalizzare chi non costituisce un rischio per la sicurezza stradale.
La sentenza della Cassazione, pur riferendosi a fatti accaduti prima della riforma, di fatto ne corregge alcune criticità. Non basta un test positivo per accusare un automobilista: serve una prova concreta che dimostri l’incapacità alla guida.
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Bimbo morto a 3 anni: indagato uno dei genitori con l’accusa di omicidio
Il piccolo residente a Brunico è morto il 26 dicembre scorso in ospedale. Si attende l’esito dell’autopsia
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Omicidio volontario. La Procura di Bolzano indaga per questa ipotesi di reato in presenza di maltrattamenti dopo la morte di un bambino di 3 anni residente a Brunico. Il piccolo è morto lo scorso 26 dicembre in ospedale, dove era stato ricoverato tre giorni prima.
Il personale medico aveva fin da subito segnalato la presenza di numerosi lividi ed ematomi sul corpicino, ipotizzando che il bimbo potesse essere stato vittima di maltrattamenti e che le gravi lesioni cerebrali riscontrate fossero conseguenza di atti dolosi. A essere stato iscritto nel registro degli indagati è uno dei genitori del piccolo.
Attesa per l’esito dell’autopsia
L’iscrizione si è resa necessaria anche per disporre l’autopsia. L’accertamento autoptico si è svolto il 30 dicembre presso l’ospedale di Bolzano. “Allo stato attuale l’esito dell’autopsia non è ancora prevenuto, essendosi la patologa incaricata riservata di presentare le proprie valutazioni entro 60 giorni dall’incarico. Da una prima e superficiale valutazione non sono emersi elementi a conferma dell’ipotesi investigativa, ma non si possono escludere, allo stato, azioni di natura dolosa. Vige, in ogni caso, il principio di innocenza”, comunica la Procura bolzanina.
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Travolto da un albero che stava tagliando, morto boscaiolo colpito alla testa
La vittima aveva 51 anni, la procura apre un’inchiesta
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Tragedia del lavoro a Rotella, in provincia di Ascoli. Un uomo di 51 anni, Emanuele Vagnoni, è morto mentre stava tagliando alcuni alberi quando all’improvviso uno di questi gli è caduto addosso colpendolo alla testa.
L’uomo era titolare di una ditta di trasporti di Comunanza impegnata anche nell’industria boschiva. L’incidente è avvenuto ieri pomeriggio in contrada Capradosso, in un appezzamento privato a pochi passi dall’abitato.
I testimoni raccontano che un gruppo di boscaioli era da qualche giorno in zona per abbattere degli alberi. A un tratto il rumore delle motoseghe si è fermato e dopo poco hanno sentito le sirene delle ambulanze e dei vigili del fuoco.
I soccorritori hanno potuto solo constatare il decesso dell’uomo. Il colpo non gli ha lasciato scampo.
Aperta un’inchiesta
La procura ascolana ha aperto un fascicolo sull’accaduto. Gli accertamenti sono stati effettuati dai carabinieri e dal personale del servizio per la prevenzione e sicurezza sul lavoro dell’Ast ascolana, al fine di ricostruire la dinamica del tragico incidente. La salma di Vagnoni è stata trasportata all’obitorio dell’ospedale Mazzoni di Ascoli a disposizione dell’autorità giudiziaria.
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